Nomad(e) Waves

“Alone in a corridor waiting locked out He got up outta there ran for hundreds of miles
He made it to the ocean had a smoke in a tree. The wind rose up set him down on his knee
A wave came crashing like a fist to the jaw. Delivered him wings ‘Hey look at me now’
Arms wide open with the sea as his floor. Oh power oh. He’s flying
Whole. High wide, oh”

Pearl Jam – Given to Fly

 

Un furgoncino arranca sulla strada sterrata un insolito magazzino. Parliamo di surf e la mente viaggia lungo le coste californiane. E invece no. Scordatevi onde oceaniche e Route 66. Il terroir è l’Abruzzo.

A due cambi di marce da Teramo, Basciano ci ac- coglie in una zona dal polveroso sound industriale. Alle porte del misterioso capanno ci aspetta un ragazzotto che sembra saltato fuori da un video di Eddie Vedder. Capelli e barba ribelli, camicia a quadri sbottonata al vento, calzoncini e Vans a tracciare un’attitudine ben definita. Si chiama Eugenio Celli, teramano DOC classe ’88. Spiri- to nomade, che insieme alla compagna Federica Ciarrocchi e al fratello Federico ha dato vita al progetto No-Made Boards. Una sfida audace e ambiziosa, che vuole rivalutare il substrato ar- tigianale della surf culture. Anche in un territo- rio non votato a questa disciplina come quello abruzzese. Un’idea di fratellanza che si muove in equilibrio – come una tavola sulle onde – su due vettori pulsanti: quello di sangue tra i due fratelli. E quello enciclopedico che rintraccia il concetto di fratellanza proprio in associazioni fra gruppi di artigiani. Tre ragazzi dai percorsi individuali distanti, uniti dalla passione e da una sentita ap- partenenza territoriale. Anche un po’ dal destino, perché no. Lui, malato di surf e falegnameria. Lei, esperta di comunicazione, grafica e fotografia. A sigillare il triangolo, la formazione in ingegneria di Federico.

Abbiamo sdoganato il termine artigiano, perché artigiani questi tre giovanotti lo sono senza dub- bio. Interpreti di un artigianato 2.0. Anche 3.0. Sommando visione, gesto e mentalità di mestieri antichi a un approccio professionale fatto di tec- nologie e strumenti moderni. Un incontro avvin- cente tra natura, manualità ancestrale e ritmo con- temporaneo. In fluida continuità espressiva. Un progetto on the road che scaturisce da un viaggio introspettivo. Quello di Eugenio in Australia. La passione però non ha origine sulla cresta dell’on- da, ma sulle ruote di uno skateboard. Lanciato in tricks evolutivi tra Teramo, Ancona e Portonovo. Qui, si innamora dei corridoi acquatici del surf, in un flusso di curiosità che lo trasporta in pelle- grinaggio nella terra dei canguri. Osservando da vicino i laboratori shaping room, per poi rientrare in Abruzzo.

Inizia per gioco, con un obiettivo consapevole: “Se le prime tavole da surf erano in legno, volevo trovare un modo per adattarle ai tempi moderni. Conservando prestazioni performanti e una ma- nifattura a basso impatto ambientale”. La scelta del legno è anche un’eredità del nonno: medico di professione e falegname per hobby. Sfruttan- do il cantiere di materiali refrattari dell’azienda familiare, Eugenio si arma di volontà e olio di go- mito, sperimentando metodi e mezzi per costru- ire tavole da surf. Autodidatta ma non troppo, perché crea un reticolo di trasmissioni formative con piccoli artigiani di zona. “Chiedevo nozioni con apertura mentale e voglia di apprendere. Dal carrozziere, informazioni su vernici e vetroresi- ne. Dal falegname consigli su tipologie di legno e come modellarlo. Nei loro occhi si accendeva una luce di condivisione spontanea, perché è raro ve- dere giovani appassionati all’artigianato. Che cre- dono nelle tracce culturali di un territorio”.

II gioco si trasforma in vero lavoro. Nasce un brand, dove il naming associa lo spirito del no- madismo alla cultura del surf. Con un incastro di parole anglo-italiane, che esorcizza il concetto in- flazionato di handmade. Il logo narra l’Abruzzo in un paesaggio evocativo: la vista del panorama dal porto di Giulianova, dove i ragazzi usano surfare. Si riassumono l’Adriatico, le colline teramane del- lo skateboard e la vetta del Gran Sasso, votata a sci, arrampicate e campeggi.

Nel 2014 No-Made esordisce in forma primor- diale, come la tavola numero 0 conservata ge- losamente in magazzino. Solo legno e finiture ecosostenibili, invece della schiuma poliuretani- ca delle tavole ordinarie. “L’Harley Davidson del surf” scherza Eugenio. Come materiale principe viene contemplato il pioppo di paulownia. In al- ternativa balsa, okumè, cedro rosso o bianco. Per- ché una tavola da surf deve rimanere resistente e leggera. Mantenendo una forma geometrica com- plessa che necessita legni molto modellabili. Si realizzano anche tavole da skate in acero, betulla o faggio. Qui servono legni duri e temprati. Im- piegando anche il massello come materiale nobile per i modelli rétro.

L’approccio lavorativo fonde tecnologie e macchinari all’avanguardia (CAD e CNC), in commi- stione con autentica manifattura artigiana. Dallo scheletro (anima della tavola), fino allo shaping manuale di bordi, linee, decorazioni in tessuto e resinatura a impermeabilizzare il tutto.

Tavole sartoriali in progressione: customizzabili secondo gusti estetici e livello di esperienza fisi- ca/sportiva del cliente. Insieme a iniziative DIY, come i workshop itineranti curati step by step. Una splendida storia di artigianato “extreme” tutto abruzzese, in moto perpetuo. Che parte dalle radi- ci del territorio per aprirsi con ingegno, passione e curiosità al mondo. “L’Abruzzo è un bacino in- credibile di risorse paesaggistiche e culturali. Ma a volte sembriamo incapaci di comunicare all’ester- no chi siamo” conclude Eugenio. “Il paradosso è che non facciamo tavole da surf a Teramo perché ci sono delle onde perfette. Tutt’altro. Le faccia- mo qui, perché qui sono nato. Siamo orgogliosi di tramandare gesti artigiani al futuro e all’estero, oltre i confini delle nostre coste”.

 

Testo di LORENZO SANDANO
Foto di DAVIDE D’AMATO

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